CSRD e CSDD: quali le conseguenze a livello di catena del valore?

La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e la recente proposta di Corportate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD) porteranno progressivamente una buona frazione di imprese operanti sul territorio dell’Unione ad assumere un atteggiamento proattivo nei confronti della transizione verso uno sviluppo economico sostenibile, introducendo nuovi obblighi di trasparenza che presuppongono l’adozione di un approccio di filiera.

Approccio che nel concreto comporterà:

  • per le imprese soggette alle direttive, il dover porre una particolare attenzione alle realtà che compongono la propria catena del valore per promuovere presso le stesse l’adozione di comportamenti responsabili in termini di gestione degli impatti generati su persone ed ambiente;
  • per le PMI e Microimprese facenti parte delle supply chain, prepararsi adeguatamente sin da subito per rispondere al nuovo livello di trasparenza richiesto.

La CSRD – entrata in vigore il 14 dicembre 2022 per estendere l’obbligo di rendicontazione di sostenibilità a tutte le grandi imprese non soggette alla Direttiva 2013/34/UE sulla rendicontazione non finanziaria (dall’esercizio avente inizio il 1° gennaio 2025) e alle PMI quotate (dall’esercizio avente inizio il 1° gennaio 2026) – ha il principale obiettivo di introdurre una reportistica standardizzata in termini di struttura e contenuti, quindi comparabile e di qualità, che permetta di influenzare i modelli di business delle organizzazioni al fine di integrare i fattori ESG a livello strategico e di operations aziendali. Per raggiungere tale obiettivo, l’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) sta redigendo gli European Sustainability Reporting Standard (ESRS), ovvero 12 standard per il reporting di sostenibilità che abbracceranno tutte le tematiche ESG seguendo il principio di proporzionalità (semplificati per le PMI).

La notizia più rilevante è che gli ESRS richiedono che il reporting si estenda anche alle realtà a monte e a valle della catena del valore dell’azienda, incorporando relativi dati sia di carattere sociale (condizioni di lavoro, accesso alle pari opportunità e questioni legate ai diritti umani, quali diritti sindacali, lavoro minorile, lavoro forzato e privacy) che ambientale (emissioni di CO2;Scope 3 per l’azienda di riferimento). In particolare, gli standard parlano di “due diligence”, da intendere come l’identificazione, la gestione e la mitigazione del rischio nella catena del valore aziendale, concetto perfettamente ricompreso nella CSDD.

La CSDD, adottata dalla Commissione Europea il 23 febbraio 2022, introdurrà nuovi obblighi di due diligence in materia ambientale e di tutela dei diritti umani nelle operazioni interne delle imprese soggette, nonché lungo tutta la loro catena del valore, in linea con i principi della CSRD. Benché il campo di applicazione riguardi le organizzazioni con più di 500 dipendenti e un fatturato complessivo superiore a 150 milioni di euro e, due anni dopo l’approvazione della legge, le PMI con più di 250 dipendenti e un fatturato complessivo superiore a 40 milioni di euro, esse appartengono ai settori considerati ad alto impatto  – tessile, agricolo, minerario – con catene di valore lunghe e complesse, a monte e a valle.

Ed è proprio questa la ratio con cui la norma amplifica il proprio raggio d’azione, coinvolgendo le aziende più piccole. Lo scenario che andrà nel breve a delinearsi a livello europeo sulla base della CSRD e della CSDD avrà come conseguenza diretta il coinvolgimento delle realtà appartenenti alla supply chain delle imprese soggette alle Direttive, a cui verranno richieste periodicamente informazioni quali-quantitative sulla sostenibilità oppure imposto il rispetto di determinati requisiti in materia socio-ambientale.

Considerare elementi di sostenibilità ambientale e sociale nella propria attività diventa un’esigenza per tutte le PMI e Microimprese direttamente o indirettamente coinvolte in questo scenario, e la consapevolezza sulle nuove misure normative introdotte è il primo passo per favorire la necessaria resilienza sul mercato. La sostenibilità, in tal senso, deve essere vista come investimento e opportunità per la generazione di valore nel lungo periodo, non come un mero costo a garanzia della conformità normativa.

Siamo a vostra disposizione per consolidare un approccio di responsabilità e sostenibilità nella vostra azienda, partendo dalla mappatura delle tematiche ESG rilevanti per l’impresa e i propri stakeholder, per poi pianificare un percorso volto alla loro progressiva integrazione a livello strategico e operativo, in base a metriche di misurazione riconosciute e adeguatamente selezionate.

8 maggio 2023

Luminita Naca, Certified ESG Analyst, EFPA ESG Advisor

Partecipa al webinar Fondiexport.it International Roadshow

Webinar Fondiexport.it International Roadshow

Raggiunto l’accordo per l’European Green Bond Standard

Nel continuo sforzo di migliorare il quadro della finanza sostenibile, al fine di accelerare la transizione verso la sostenibilità, la scorsa settimana il Parlamento europeo e il Consiglio d’Europa hanno raggiunto l’intesa per l’”European Green Bonds Standard” o EUGBS – standard che delinea una serie rigorosa di criteri di investimento e regole di trasparenza per gli emittenti di obbligazioni verdi.

In primis, la garanzia che tutti i proventi siano investiti in attività allineate con la tassonomia dell’UE (con una flessibilità che consente di investire 15% in attività economiche conformi alla tassonomia (“eligible”), ma in settori per i quali non sono ancora stati stabiliti i criteri di vaglio tecnico.

Gli emittenti saranno anche obbligati a dimostrare come questi investimenti si inseriscono nei piani di transizione dell’azienda nel suo complesso.

Il regolamento stabilisce un sistema di registrazione e un quadro di vigilanza per i revisori esterni dei green bond europei, ovvero i soggetti indipendenti responsabili di valutare se un’emissione obbligazionaria ha le caratteristiche per potersi chiamare “green”-  con l’obiettivo di standardizzare il lavoro di verifica dei revisori e migliorare la fiducia nel processo di revisione.

EUGBS

Altrettanto importante, il regolamento stabilisce che qualsiasi conflitto di interesse reale o anche solo potenziale sia adeguatamente identificato, eliminato o gestito e reso noto in modo trasparente. Potranno essere sviluppati standard tecnici che specifichino i criteri di valutazione e di gestione dei conflitti di interesse.

Per la prima volta sarà disponibile un modello standardizzato che gli emittenti potranno utilizzare per comunicare le informazioni sull’allineamento alla tassonomia dei green bond, riducendo così gli oneri amministrativi e l’incertezza sia per gli emittenti di green bond che per i loro investitori. Ciò consentirà agli investitori di valutare, confrontare e ritenere più facilmente che i loro investimenti siano sostenibili, riducendo così i rischi di greenwashing.

Benché l’uso del modello sia volontario, i legislatori europei confidano che il Green Bond Standard dell’UE venga adottato a livello internazionale.

I requisiti di divulgazione potranno essere utilizzati anche dagli emittenti di obbligazioni che non soddisfano tutti i requisiti per qualificarsi come Green Bonds: assoggetarsi volontariamente a requisiti di trasparenza ambiziosi porta il beneficio di una maggiore fiducia da parte degli investitori.

8 marzo 2023

Luminita Naca, Certified ESG Analyst, EFPA ESG Advisor

Gli indicatori diversamente competitivi dell’impresa sostenibile

Le imprese sostenibili non solo quelle che si «adattano» ai cambiamenti, riducendo gli effetti negativi in tema ambientale, ma quelle che oggi stanno investendo in nuovi modelli di business e che si danno obiettivi diversi dal passato: indicatori diversamente competitivi.

Degrassi&Partners a “Fabbricare Società”

Degrassi&Partners a “Fabbricare Società”: 1° Forum delle Società Benefit

La Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ospita Fabbricare Società, il primo Forum delle Società Benefit, un appuntamento di rilievo nazionale e internazionale che tocca tutti i capoluoghi della regione e che dialogherà con grandi protagonisti italiani ed esteri.

Dal 11 al 14 ottobre 2022 a Trieste, Pordenone, Udine e Gorizia le società benefit della regione si incontrano per confrontarsi e parlare di Visione e Paradigma d’Impresa, Norme e impatti, Benessere e innovazione organizzativa.

Fulvio Degrassi, Fondatore del nostro studio professionale, interverrà il 12 ottobre alle 15:30 per discutere del ruolo dei commercialisti a supporto delle società benefit, e lo farà in un appuntamento congiunto con Guido Modugno, DEAMS Università degli Studi di Trieste, Paolo Butturini, Scienze Giuridiche Università di Verona, Joan Gagliardo, MIB Trieste School of Management e Guido Modugno DEAMS Università degli Studi di Trieste.

Per informazioni dettagliate e per iscriversi all’evento:

Sostenibilità, oggi

EU Green Deal, Tassonomia, SFDR, CSRD, ESRS… tutti elementi fondamentali nella trasformazione dell’economia e della società nelle loro versioni migliori, sostenibili. Il settore ESG sta crescendo, maturando e sta distillando conoscenza, esperienza e performance. Le linee guida di sviluppo dei modelli di business sostenibili sono costantemente riviste, in virtù dei cambiamenti nel pensiero strategico sulla sostenibilità, sia dei regolatori che degli investitori. Proviamo a rivederne qualcuno.

Greenwashing – dopo una prima fase di occhi grandi quando uno diceva che ha un prodotto sostenibile, il mercato – compatibilmente con la penetrazione dei concetti e la loro diffusione capillare anche fra chi non è “addetto ai lavori” – vuol vedere cosa c’è davvero dietro queste affermazioni. Complici varie campagne di indagini e i conseguenti scandali, anche internazionali, l’aumento della disponibilità di strumenti e prodotti finanziari con l’etichetta ESG (troppo sostenuto perché sia integralmente veritiero), la stretta regolamentare sugli ECO label e la transizione verde, gli investitori chiedono informazioni specifiche, risultati concreti su KPI chiari e si aspettano che le aziende abbiano un disegno complessivo di integrazione della sostenibilità nei loro modelli di business.

L’indirizzo e le linee guida di ESMA, più volte iterate, che mira ad arrivare all’integrazione delle informazioni ESG e degli assessment di sostenibilità nelle analisi finanziarie, una integrazione fatta di concetti limpidi e regole d’ingaggio che da una parte riconducano gli aspetti ESG, anche quelli puramente qualitativi, ad un ambito quantitativo in chiave rischio-opportunità e dall’altra supportino gli investitori fornendo loro la base di comparabilità caratteristica delle analisi finanziarie.

L’aspetto formativo di cui si deve far carico la finanza sostenibile nei confronti delle aziende, in base all’incontestabile consenso sulla rilevanza delle questioni ESG per la resilienza e la competitività delle aziende. Al di là della necessità di un esame più accurato delle informazioni ESG che vengono rapportate e comunicate dalle aziende, chi si concentra solo sulla rendicontazione sta perdendo di vista l’essenziale. È necessario un lavoro educativo e formativo per mostrare e dimostrare come l’integrazione della sostenibilità nella strategia aziendale può creare un vantaggio competitivo, guidando l’efficienza operativa, l’innovazione, il coinvolgimento dei dipendenti, la resilienza della catena di approvvigionamento, migliori capacità di mitigazione dei rischi e altri vantaggi aziendali strategici.

Il vantaggio competitivo dato dalla sostenibilità deriva da una buona strategia, cultura, KPI ed esecuzione. Le metriche di reporting sono l’ultimo passaggio, non il primo.

È già qualche tempo che raccontiamo alle aziende che la sostenibilità costa, ma che non è un costo. Diciamo loro che è un investimento. Pertanto, come in qualsiasi investimento (e questo l’azienda lo sa!) va tracciato il return on investment. Quale miglior incentivo perché l’organo di governo dell’azienda inizi seriamente a pensare in maniera integrata e strategica ad approcciare le questioni ESG rilevanti per il proprio business?

Non si butta via nulla: si parte sempre dal coinvolgimento degli stakeholders e dall’analisi di (doppia) materialità: finanziaria e di impatto.

Con la matrice di materialità in mano, le successive analisi – PESTLE (Politica, Economica, Sociale, Tecnologica, Legale e Ambientale) orientata alla sostenibilità e quindi SWOT (Forze, Debolezze, Opportunità, Minacce) indirizzeranno l’azienda alla comprensione del proprio posizionamento per la gestione / mitigazione dei rischi e per meglio sfruttare le potenziali opportunità.

Ragionando, aggregando, distillando, prende forma una coerente strategia e pianificazione aziendale con conseguente definizione degli obiettivi e gli indicatori chiave (KPI).

La sostenibilità è trasformazionale. Pertanto, per coerenza gestionale, la cultura, la governance e gli incentivi devono essere allineati. Ergo i KPI ESG a livello di organizzazione saranno approvati dall’organo di governo, adottati e supportati dalla leadership esecutiva e integrati nella programmazione operativa e nella struttura delle retribuzioni. Ad oggi, le metriche ESG utilizzate nel processo decisionale misurano principalmente input e attività (ovvero politiche, sistemi di gestione, informativa, investimenti) piuttosto che output e impatti sugli economics e sugli stakeholders.

E qui arriva il bello: le aziende devono poter tracciare i ritorni finanziari, intangibili (ad es. mitigazione del rischio, coinvolgimento dei dipendenti) e tangibili (ad es. efficienza operativa, vendite) associati alla loro strategia di sostenibilità integrata. Come? Facendo parlare i temi, i sottotemi, gli indicatori, le metriche e gli obiettivi di sostenibilità con il cash flow e la situazione patrimoniale.

Salutiamo con soddisfazione le iniziative di creazione di simili piattaforme e framework, come l’Impact-Weighted Accounts Project oppure il Return on Sustainability Investment Framework, che hanno come obiettivo proprio la creazione di una illuminante chiave di lettura delle informazioni ESG utili sia per le aziende che per gli investitori / asset managers e le aziende di rating.

2 agosto 2022

Fonti: hbs.edu; stern.nyu.edu

A Trieste il vento dell’innovazione soffia forte


Con 60 startup registrate e un indice del 5,63%, dopo Trento e Milano, Trieste è la terza città italiana per densità provinciale, nel rapporto cioè tra nuove società di capitali attive nella provincia e aziende innovative (dati al 31 aprile 2022 del registro delle imprese a cura di Mise/Unioncamere). Nel capoluogo si concentra circa il 23% delle startup del Friuli Venezia Giulia. La regione è al terzo posto nella classifica nazionale (dopo Trentino Alto Adige e Lombardia) dei territori con la più elevata incidenza di startup innovative con meno di cinque anni e cinque milioni di fatturato annuo. Le 264 startup attive in Friuli Venezia Giulia, secondo il Regional Innovation Index 2021 della Commissione Europea, operano nello sviluppo di software e consulenza informatica (35,9%), industria e artigianato (29%), servizi di informazione, ricerca scientifica e sviluppo (10,5%), commercio e turismo (1,6%). Oltre agli incubatori basati a Trieste, gli incubatori certificati presenti in Friuli Venezia Giulia sono Friuli Innovazione a Udine e Polo Tecnologico Alto Adriatico a Pordenone.

Il capoluogo giuliano, da parte sua, ospita due incubatori certificati: Innovation Factory presso Area Science Park e Bic incubatori Fvg (47 società incubate nei settori Ict, salute, tecnologie marittime, cultura e turismo). Area Science Park è un Ente Nazionale di Ricerca (nel 2018 ha festeggiato i primi quarant’anni di attività), che comprende un parco scientifico e tecnologico, che a sua volta include due campus nei quali lavorano 2.700 persone e che ospita oltre 70 fra aziende e centri di ricerca. In Area Science Park attualmente risultano incubate 17 startup. Nel periodo 2008-2021 ne sono passate 59, per un totale di 11 milioni di euro investiti. La struttura punta a valorizzare idee imprenditoriali in settori come Ict e trasformazione digitale, scienze della vita, industrie culturali e creative ed economia circolare. Fin qui i numeri.

“Riceviamo ogni anno numerose proposte progettuali, che selezioniamo analizzando in particolare la solidità e le competenze del team di impresa, la corrispondenza del prodotto e servizio proposto con l’interesse del mercato, l’innovatività della soluzione e la sostenibilità del modello di business” spiega a proposito della selezione delle startup Roberto Pillon, New Ventures Development Advisor at Area Science Park.
Da segnalare anche la Sissa – Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, anch’essa basata a Trieste, che “supporta i suoi scienziati e dottorandi che desiderano trasformare i loro risultati di ricerca in iniziative commerciali”. Al momento sono 8 le startup e gli spin-off collegati alla struttura. Tra le startup della Sissa, che hanno sede nell’Area Science Park di Trieste, c’è Aindo. Fondata nel 2018 da un gruppo di ricercatori tra i maggiori esperti mondiali di generazione di dati sintetici, Aindo è attiva nel mercato dell’Intelligenza Artificiale e trasforma tecnologie accademiche di frontiera in prodotti industriali, ponendosi come ponte tra la ricerca scientifica e il mercato.

In evidenza anche PicoSaTs, startup che sviluppa e produce piccoli satelliti con l’ausilio di stampati in 3D, modulari e in materiale plastico. PicoSaTs vuole rendere l’accesso allo spazio più rapido ed economico. L’idea ruota attorno a un sistema composto da “picosatelliti” e piccole antenne direttive in grado di trasmettere dati a velocità molto elevate. Questi sistemi aprono una nuova finestra per l’osservazione della Terra, con applicazioni che vanno dalla sicurezza all’agricoltura.
Ulisse BioMed è una healthcare biotech company, con sede a Udine, attiva nei settori della diagnostica, della teranostica [integrazione di diagnosi e terapia attraverso l’uso delle nanotecnologie ndr.] e della terapeutica. La startup è frutto di anni di ricerche svolte in Area Science Park da un team di giovani ricercatori tutti under 35, guidati da due biologi molecolari, Bruna Marini e Rudy Ippodrino, che dopo un corso di perfezionamento alla Scuola Normale Superiore di Pisa, nel 2015, hanno costituito l’azienda. Nel 2019 la società ha portato in farmacia il primo kit diagnostico al mondo in grado di rilevare, grazie a un autoprelievo fatto in casa, il Papilloma virus.

Startup nata nel 2008 in Area Science Park, Amped Software sviluppa tecnologie per l’analisi, il miglioramento e l’autenticazione di immagini e video per applicazioni forensi, di sicurezza e investigative. I suoi prodotti sono usati da forze dell’ordine, agenzie governative, laboratori forensi e specialisti della sicurezza in oltre 80 Paesi in tutto il mondo.
Modefinance è infine una società dalla doppia anima tecnologica e finanziaria, specializzata nella valutazione del merito creditizio di aziende e banche, e nello sviluppo di soluzioni di Intelligenza Artificiale per l’analisi e la gestione del rischio di credito. Sempre in attivo dalla sua fondazione nel 2009, Modefinance ha registrato un trend di crescita costante: +50% di Cagr [tasso annuo di crescita composto ndr.] dal 2014.

Fonte: Italian.Tech

Confires 2022 – Sostenibilità, crowdfunding e strategia d’impresa

Firenze, 21-22 giugno, Confires 2022. Alla Convention annuale dei Confidi parliamo di New normal: ESG, innovazione tecnologica e strategia d’impresa.

Il termine sostenibilità è diventato davvero una costante dei giorni nostri, e ha pervaso tutti gli spazi della nostra vita sociale e professionale. Non è né una moda, né una bolla, ma un cambio di paradigma a tutti i livelli, rafforzato in maniera sempre più coerente e strutturata, da interventi normativi che evolvono progressivamente da volontari a cogenti, in stretta correlazione con il supporto della finanza che ha il compito di indirizzare le risorse per uno sviluppo economico razionale e sostenibile, che garantisca la «capacità di futuro», ossia la capacità delle risorse stesse di produrre valore nel lungo termine.

L’adozione di una strategia ESG non è cosa da grandi aziende, ma si presta ad approcci concreti e seri anche per le PMI. La sostenibilità costa ma non è un costo. E’ un fattore abilitante del business, un investimento – impegnativo nel breve, ma che frutta significativamente a medio e lungo termine. 

Basti pensare alla supply chain sostenibile di cui oggi si parla molto, forse l’esempio più evidente in cui la sostenibilità diventa forza per il cambiamento e aiuta ad aumentare la consapevolezza dell’intera filiera. Già oggi le grandi aziende selezionano i propri fornitori anche attraverso indicatori di performance di sostenibilità ambientale e sociale, non solo di convenienza economico finanziaria in senso classico. I committenti si aspettano che i loro fornitori producano con criteri di sostenibilità. E più è lunga e complessa la catena di fornitura, più questo aspetto diventa cruciale.

Il finanziamento bancario – oltre alle stringenti norme prudenziali, è soggetto a normativa europea anche in tema di rendicontazione e classificazione degli investimenti secondo criteri tassonomici di eco-sostenibilità. Le istituzioni finanziarie devono chiedere ai propri clienti e investitori le loro preferenze in materia di sostenibilità, quindi di attrezzarsi per poter offrire prodotti con caratteristiche ESG e con impatti ambientali e sociali non solo identificabili, ma anche misurabili!

E poi c’è la finanza moderna, disintermediata – come ad esempio il crowdfunding – ma anche qui ci confrontiamo con gli stessi investitori, che sono molto più sensibili ai temi della sostenibilità e che vogliono finanziare progetti e imprese che condividono i loro valori ambientali piuttosto che sociali e che contribuiscono ad uno sviluppo sostenibile e duraturo.

Activant, la nostra piattaforma di crowdfunding, soggetto autorizzato e vigilato CONSOB ha come tratto distintivo l’aver fatto della valutazione di sostenibilità dei progetti uno dei passaggi pregiudiziali nel processo di onboarding delle campagne.

Il nostro focus sono le PMI sostenibili e la nostra proposta, articolata e flessibile, rafforza la componente consulenziale dei Confidi, di supporto operativo alle imprese, consentendo l’accompagnamento delle PMI verso questo innovativo canale di finanziamento alternativo a quello bancario .

Finanza sostenibile per filiere sostenibili

La sostenibilità di filiera sta diventando – nell’ambito dei criteri di investimento al servizio della finanza sostenibile – un importante strumento a disposizione delle istituzioni finanziarie. Un supporto concreto che aiuta le aziende che compongono le filiere produttive a mettere la sostenibilità al centro della loro strategia di business, di crescita e sviluppo. 

In linea con gli impegni ESG di Citigroup, il programma SSCF (Sustainability-linked Supply Chain Finance)  nasce per accelerare la transizione verso un’economia globale a basse emissioni di carbonio, nell’ambito della sua articolata strategia per il progresso sostenibile – che include il suo obiettivo globale di finanziamento ambientale di 500 miliardi di dollari e un obiettivo di finanza sociale di 500 miliardi di dollari per un totale di trilione di dollari di finanziamenti sostenibili entro il 2030.

Recentemente lanciato con Henkel (nota azienda chimica tedesca) nell’area Asia Pacific (Australia), il programma estende ora verso il Middle East North Africa (con i fornitori Henkel in Algeria) e mira a supportare i clienti della banca nel portare avanti le loro priorità ESG, migliorare la resilienza delle loro catene di approvvigionamento e aiutare a gestire le esigenze di capitale circolante sulla filiera.

Come funziona?

Citi fornisce un finanziamento-ponte, a valere dalla data di ritiro di beni/prestazioni di servizi specifici dai fornitori fino alla data in cui il pagamento a tali fornitori è dovuto (da parte del cliente della banca).

Il costo di questo finanziamento (che di fatto anticipa il pagamento dei beni/servizi forniti) è a carico dei fornitori ad un tasso inferiore al loro normale costo di finanziamento. Ne beneficiano direttamente i fornitori, traendo vantaggio dall’accelerazione del flusso di cassa a costi inferiori e indirettamente il capo-filiera perché il suo business poggia su aziende finanziariamente più attrezzate.

Possono accedere al programma i fornitori esistenti o nuovi che dimostrano prestazioni di sostenibilità solide o in miglioramento; i tassi del finanziamento-ponte decrescono man mano che migliora il punteggio di sostenibilità del fornitore. Il cliente della banca, con il supporto di soggetto qualificato nelle valutazioni di sostenibilità, valuta periodicamente le prestazioni di sostenibilità dei suoi fornitori.

Il programma sarà ampliato per includere ulteriori mercati e fornitori nei prossimi mesi e costituisce un modello che potrà essere mutuato da altre istituzioni finanziarie come soluzione innovativa per supportare la crescita di valore sostenibile delle filiere produttive.

14 gennaio 2022

Fonte: citigroup.com; esgtoday.com

Investire in startup innovative: le agevolazioni fiscali

         Indice dei contenuti

  • Incentivi fiscali per investimenti in startup
  • Le detrazioni fiscali aggiuntive per chi investe in startup previste dal Decreto Rilancio
  • L’esenzione delle plusvalenze secondo il Decreto Sostegni Bis
  • Cosa bisogna fare per beneficiare delle detrazioni fiscali sugli investimenti in startup innovative

INCENTIVI FISCALI PER INVESTIMENTI IN STARTUP

A partire dal Decreto Legge 179/2012 il Governo italiano ha dato vita a una normativa volta a favorire lo sviluppo di imprese ad alto valore tecnologico, ossia le startup e PMI innovative.

Per promuovere la crescita di queste imprese, e quindi l’innovazione, il governo ha predisposto una serie di agevolazioni dedicate alle startup innovative. Tra queste, una parte importante è svolta dagli incentivi per chi investe in queste startup.

Dopo il 2012, si sono susseguiti diversi decreti che hanno perfezionato e ampliato il quadro normativo, fino ad arrivare al decreto del 7 maggio 2019 che prevede due tipologie di agevolazioni:

  • Per gli investimenti da parte di persone fisiche si applica una detrazione dall’imposta lorda Irpef pari al 30% dell’ammontare investito e non superiore a 1 milione di euro.
  • Per gli investimenti da parte di persone giuridiche si applica invece una deduzione dall’imponibile Ires pari al 30% dell’ammontare investito, fino a un massimo di 1,8 milioni di euro.

Questi incentivi sono condizionati al mantenimento della partecipazione per un minimo di 3 anni, mentre sono validi sia in caso di investimenti diretti che indiretti tramite OICR o società di investimento.

Nel corso del 2020, tramite il Decreto Rilancio, la normativa relativa alle persone fisiche è stata modificata per favorire la ripresa economica post-Covid.

LE DETRAZIONI FISCALI AGGIUNTIVE PER CHI INVESTE IN STARTUP PREVISTE DAL DECRETO RILANCIO

La grande novità del Decreto Rilancio in materia di agevolazioni fiscali per investimenti in startup riguarda il potenziamento dell’incentivo per le persone fisiche.

Questo Decreto, infatti, ha aumentato la detrazione dal 30 al 50%, ma con alcuni limiti.

In caso di investimento in startup innovative il massimo di investimento detraibile è 100 mila euro per periodo d’imposta, con un ammontare di detrazione che quindi non supera i 50 mila euro. Se invece l’investimento è effettuato nel capitale di rischio di PMI innovative il limite massimo detraibile è 300 mila euro.

Se gli investimenti superano questi limiti, allora si applica la percentuale prevista dal decreto del 2019.

Inoltre, questi benefici sono validi solo per gli investimenti effettuati in fase di aumento di capitale.

L’ESENZIONE DELLE PLUSVALENZE SECONDO IL DECRETO SOSTEGNI BIS

Un’altra misura per il sostegno delle startup e PMI innovative è stabilita dal Decreto Sostegni Bis del 25 maggio 2021, che prevede una esenzione dalle imposte sui redditi delle plusvalenze.

Nello specifico, non sono soggette a tassazione le plusvalenze da cessione di partecipazioni detenute in startup e PMI innovative acquisite mediante la sottoscrizione di capitale sociale tra il 1° giugno 2021 e il 31 dicembre 2025 e possedute per un minimo di 3 anni.

Sono esenti da imposte anche le plusvalenze realizzate in seguito alla cessione di partecipazioni in società di persone (escluse le società semplici e gli enti equiparati) e di capitali, qualora, entro un anno dalla loro realizzazione, vengano reinvestite in startup o PMI innovative.

COSA BISOGNA FARE PER BENEFICIARE DELLE DETRAZIONI FISCALI SUGLI INVESTIMENTI IN STARTUP INNOVATIVE

Per poter ottenere i benefici fiscali relativi alle detrazioni, è necessario innanzitutto:

  • Accertare che la società sia iscritta nella sezione speciale del Registro delle imprese;
  • Effettuare l’investimento tramite modalità che possono essere rintracciate.

È importante poi ottenere delle certificazioni dalla società stessa, ossia:

  • Il Business Plan, contenente il piano di investimenti e finanziario, oltre che le informazioni sull’attività d’impresa
  • Una certificazione dell’importo investito, sul quale è applicabile la detrazione/deduzione. Questo modulo deve essere ottenuto entro 60 giorni dall’investimento.

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